lunedì 25 maggio 2015

Marauders of Gor - cap. 15 - Sulle alture di Torvaldsberg

 Capitolo 15 - Sulle alture di Torvaldsberg
        E' mezzogiorno, sulle pendici del Torvaldsberg.
        Ivar e io ci guardiamo indietro. Quattro punti neri ci inseguono.
        "Riposiamoci" propone Ivar.
        Chiudo gli occhi per proteggerli dal riverbero del sole sulla neve. Lui si siede con la schiena poggiata ad una roccia. Anch'io mi siedo, a gambe incrociate come un guerriero.


        Siamo scesi dal tetto della casa bruciata di Blue Tooth, usando le sporgenze e le fenditure che ornano le travi d'angolo. Mentre scendevamo, ho notato dei Kurii nei dintorni, davanti all'entrata della casa. Alla luce delle fiamme dell'incendio, qui e là, ho visto corpi dispersi, macellati, e pezzi di cadavere. Alcuni Kurii se ne stavano nutrendo.
        In un angolo dello steccato, rannicchiate l'una contro l'altra, c'erano i corpi nudi e arrossati dalle fiamme delle schiave, col loro collare di pelle e i guinzagli nelle mani dei loro padroni. Alcuni Kurii con gli scudi e le asce le facevano muovere, senza mangiarle. Siamo scivolati furtivamente dietro la casa, tenendo, per quanto possibile, la costruzione fra noi e il cortile. Abbiamo raggiunto la palizzata, ci siamo arrampicati sulla passerella e, senza essere visti, siamo scappati.

        Riapro gli occhi e guardo giù nella vallle. I quattro puntini sono più grandi adesso.
        Forkbeard, dopo la fuga dalla palizzata di Svein Blue Tooth, ha voluto raggiungere il suo accampamento. Era una cosa pericolosa da fare. E non siamo rimasti sorpresi nel vedere che il posto era pieno zeppo di Kurii. Non ho idea di  quanti fossero. Forse centinaia; forse migliaia. Sembravano essere dovunque. Ci hanno inseguiti due volte ma, tra gli effluvi del sangue fresco e distratti dai corpi inerti, i nostri inseguitori hanno desistito.
        Abbiamo anche visto due Kurii combattere per un corpo.
        Ad un certo punto, ci siamo gettati a terra, nascondendoci in mezzo ai corpi senza vita. Un Kur è passato ad un metro dalla mia mano. Ha ululato di piacere alle lune, poi è andato via. Più di una volta siamo riusciti a sfuggire ai Kurii che si stavano nutrendo, ignari della nostra presenza. Hanno lanciato un attacco simultaneo alla casa e alla zona circostante. Di tanto in tanto, con grande sbigottimento, nonostante il loro numero, i Kurii erano in compagnia di uomini con sciarpe gialle, ma gli uomini non hanno partecipato all'attacco. Ho stretto i pugni per la rabbia. Spesso i Kurii arruolano alleati umani.

        "Guarda" mi ha detto ad un certo punto Forkbeard, indicando da un'altura, su cui ci eravamo sdraiati proni, la spiaggia. A qualche centinaio di metri, in mezzo ad altre navi, c'è una nave strana, tutta nera, che si dondola nelle acque, con un'ottantina di remi. "La Black Sleen" mi ha annunciato Ivar, "la nave di  Thorgard di Scagnar!"
        Ma c'erano ancora un centinaio di Kurii fra noi e la nave.
        Ivar e io ci siamo scambiato uno sguardo d'intesa.     
        Era diventato improvvisamente chiaro il significato di quel Kur che avevamo visto sulla Black Sleen, qualche tempo fa, che accompagnava Thorgard di Scagnar alla sua proprietà. Avevamo visto la bestia al buio, dalla nostra scialuppa, quando stavamo fuggendo dalla casa di Scagnar. La figlia di Thorgard era incappucciata e legata mani e piedi, sdraiata sul ventre nella scialuppa ai nostri piedi.
        I Kurii sono animali di terra, a cui non piace l'acqua. Nella loro marcia verso il Sud, la flotta di Thorgard di Scagnar dovrebbe dare copertura sul fronte occidentale, e soprattutto dovrebbero fungere da collegamento con le isole Goreane, fornendo uno strumento per portare a termine l'invasione. Se necessario o in caso di pericolo, la flotta serve da mezzo per evacuare l'orda in marcia. I Kurii possono così godere del loro braccio navale armato. Vi ho già detto che i Kurii sono animali razionali, no?
        La strategia sembra elementare, eppure è solida. Credo che la strategia nella sua interezza sia però conosciuta solo sui Mondi d'Acciaio, sui quali è stata elaborata e da cui viene diretta. Se i Kurii nativi di Gor, rispettando le leggi dei Priest-Kings e senza violare i divieti, possono portare avanti i diritti accampati dai Kurii sul pianeta, quelli sulle navi hanno poco da perdere e molto da guadagnare. E' anche possibile che i Priest-Kings, una forma di vita basata sulla coerenza, permettano ai Kurii di conquistare Gor piuttosto che rinunciare alla propria tradizionale neutralità. Già me le immagino, le parole di Misk che escono dal traduttore, una dopo l'altra, con suono meccanico: "Avete la nostra parola".

        Ma se  Priest-Kings decidono di fermare l'invasione, i Kurii delle navi d'acciaio potrebbero avere interesse ad aggirarsi a distanza intorno alla quinta orbita, quella del pianeta sulla Terra chiamato Giove, e su Gor chiamato Hersius, dopo uno dei leggendari eroi di Ar.

        La decisione di fermare l'invasione non solo potrebbe risultare contraria alle pratiche e alle abitudini dei Priest-Kings, il che produrrebbe dissenso nel Nido, ma darebbe una potente leva ai Kurii per poter conoscere, anche se l'invasione fosse fermata, la natura e l'assetto dei poteri dei Priest-Kings. Potrebbe fornire l'equivalente del fuoco di un cecchino su una vittima inerme che rende nota la sua posizione. Nella Nest War, quando i Priest-Kings sono stati coinvolti in una guerra intestina, i loro poteri sono stati gravemente ridotti e mandati in frantumi. Il Nido stesso è rimasto gravemente danneggiato. So che i Priest-Kings hanno delle navi volanti, ma non so nulla del loro numero, della loro potenza in generale, tranne che appartengono ai padroni dorati di Gor. Suppongo e spero che siano in grado di resistere all'impatto di un'invasione su vasta scala.
        Le navi-sonda sono diventate più frequenti, stando a quanto mi ha detto una volta Misk. Le incursioni sulla Terra a caccia di schiave sono divenute sempre più frequenti. Questa è una applicazione marginale della politica planetaria, ma è indicativa. Negli ultimi giorni ho incontrato, nella lontana Torvaldsland, ben due femmine terrestri, adeguatamente collarizzate, Peggy Stevens del Connecticut, chiamata Torta di Miele, e la canadese Leah.
        I movimenti dei Kurii e dei loro alleati si stanno facedo sempre più audaci. Le loro mosse più audaci sono state radunare i Kurii Goreani, organizzare la marcia verso il Sud, l'incursione nelle terre abitate da umani e dare inizio all'invasione dal Nord. Sono state le mosse più audaci e spaventose dei Kurii delle navi, dirette contro gli umani ma anche contro i Priest-Kings, i loro veri nemici. Se i Priest-Kings consentono la conquista di Gor da parte dei Kurii, forse in una generazione o due i Priest-Kings potrebbero perdere la sicurezza delle loro basi; diventerebbero un'isola nel mezzo di un oceano selvaggio e ostile. La fine di tutto sarebbe solo una questione di tempo, finchè non si riesce a contrabbandare su Gor un armamento adeguato, o magari costruirlo, per distruggere tutto. Non sarebbe più questione di proteggersi da armi primitive, da esplosivi e artiglieria rudimentali, ma di proteggersi contro armi perfezionate da un immenso potere tecnologico. Prima o poi, se Gor cade nelle mani dei Kurii nativi, quelli delle navi riusciranno a distruggere gli abitanti di Sardar. E anche la Terra cadrà, inevitabilmente. La Terra, con tutta la sua arroganza, è riuscita solo a far stare un paio di uomini, per poche ore, sulla superficie della Luna. I Kurii, da più di 20.000 anni, possiedono i segreti delle profondità dello spazio.

        Ivar mi fa segno di non far rumore.
        Restiamo in silenzio, immobili. A poche centinaia di metri da noi, si sta avvicinando una colonna di uomini disposti a coppie, ognuno con una sciarpa gialla e una torcia. Non ci sono Kurii fra di loro. Sono capeggiati da un omaccione barbuto, con una mantella svolazzante e un elmo ornato. E' Thorgard di Scagnar. Anche lui indossa la sciarpa gialla.
        Passano oltre.
        "Non ci muoveremmo più agevolmente" mi sussurra Ivar Forkbeard, "se avessimo un paio di sciarpe gialle?"
        "Probabile" ammetto.
        "Facciamocene prestare un paio, allora" suggerisco.
        "Bene" concordo.
        Due ombre furtive agguantano gli ultimi due uomini della colonna di Thorgard di Scagnar.
        Ivar si infila la sciarpa gialla nella cintura; mi arrotolo la mia sulla spalla destra, bloccandola intorno al fianco sonostro. Poi lasciamo gli uomini di Thorgard ai Kurii.

        Mentre camminiamo verso la tenda di Ivar, un Kur ci si para davanti, ringhiando.
        "Stupida bestia, ottuso animale!" lo aggredisce Ivar, brandendo la sciarpa. "Non vedi il giallo?". E gli passa oltre. Lo seguo, urtando il Kur; la sua pelliccia è liscia, non spiacevole, folta almeno una decina di centimetri. Sotto la pelliccia il corpo è caldo e grasso.
        Non vi sono dubbi che il Kur non capisce un'acca di Goreano. Se avesse capito l'insulto di Ivar, ci avrebbe fatto a pezzi. Ma può vedere la sciarpa. A malincuore, ringhiando e sbuffando, ci lascia passare.
        Poco dopo arriviamo al campo di Ivar. Lui si ferma e stringe i pugni. La tenda è mezza bruciata e i pali sono stati abbattuti. E' deserta. Non c'è traccia di vita. Le casse sono sfondate. Una pentola rovesciata giace in mezzo alla cenere. Ci sono monete sparse a terra, insieme a pezzi di corda tagliata. Il palo a cui erano legate le serve è stato divelto dal terreno.
        "Guarda" gli dico, sollevando un pezzo di tenda. Ivar mi raggiunge. C'è la carcassa di un Kur, morto con le fauci spalancate e gli occhi aperti fissi al cielo. La testa è quasi staccata dal collo.
        "Alcuni miei uomini sono morti meglio" commenta Forkbeard, guardandosi intorno.
        "Prima di domani mattina qualcuno si accorgerà che non apparteniamo alle forze di Thorgard" lo avverto, "e domani in mattinata ci daranno la caccia"
        "E' anche possibile" ipotizza Ivar, guardandomi, "che ci stiano già dando la caccia"
        "Le nostre tracce olfattive sono note" annuisco. "E le sciarpe gialle non ci proteggono da quelli della casa"
        "Cosa proponi?" mi chiede Ivar.
        "Dobbiamo fuggire"
        "No" si oppone Ivar. "Dobbiamo tornare sul Torvaldsberg"
        "A fare cosa?"
        "E' tempo" risponde ermeticamente. Si guarda intorno. L'accampamento è distrutto. Ci sono altre tende che bruciano e, in lontananza, si vedono riflessi rossastri nel cielo. Sotto quei riflessi, sta bruciando la casa di Svein Blue Tooth. Nell'aria risuonano gli ululati dei Kurii. "E' tempo di andare sul Torvaldsberg" afferma Ivar Forkbeard, girandosi verso di me.
        Poi lascia il suo campo a passo veloce. Lo seguo.

        E' passato da poco mezzogiorno, sulle pendici innevate del Torvaldsberg.
        Guardo giù nella valle. Distinguo chiaramente le figure dei Kurii che ci inseguono. Si muovono rapidamente.
        Sono lontani circa un pasang e mezzo. Hanno scudi e asce.
        "Continuiamo a camminare" dice Ivar.
        "Non ci fermiamo per affrontarli?" domando.
        "No" scuote la testa Ivar, "continuiamo a camminare"
        Vedo in alto i picchi incombenti del Torvaldsberg. "E' una pazzia tentare di scalarlo" osservo. "Non abbiamo corde nè equipaggiamento. Nè io nè te siamo gente di montagna"
        Mi guardo indietro. I Kurii sono lontani un solo pasang, sul pendio roccioso più in basso. Gli scudi e le asce sono appesi sulle loro schiene. Quando arrivano alla zona ghiacciata, non ci girano intorno ma si arrampicano con gli artigli. Forkbeard e io abbiamo perso diversi Ehn per girare intorno all'ostacolo. Nella neve, i Kurii allargano le loro zampe a sei dita e camminano a quattro zampe. Nonostante il loro peso, non affondano troppo. Forkbeard e io abbiamo impiegato circa una Ahn per guadare il manto nevoso, ma è evidente che i Kurii impiegheranno molto meno per raggiungerci.
        Dove la neve è affossata e reca le nostre orme, si fermano un attimo, con le narici allargate, per fiutare il nostro odore, impercettibile per un umano. Poi rialzano le teste e scalano le rocce, procedendo rapidamente.
        Ivar Forkbeard si ferma. Non c'è più copertura fra noi e l'inizio delle cime più alte.
        Sotto di noi, i Kurii ci vedono e ululano di piacere. Uno ci addita e gli altri saltellano, con le braccia alzate.
        "Sembrano contenti" osservo.
        Poi i Kurii, a velocità raddoppiata, riprendono a muoversi verso di noi.
        "Continuiamo a camminare" insiste Forkbeard.
        I miei piedi scivolano e mi aggrappo con le mani al bordo di una roccia. Poi riprendo a camminare.
        Il sole batte sulle alture. Mi fanno male le dita. Ho i piedi congelati dal freddo e dalla neve, ma la parte superiore del corpo è sudata.   
        "Muovi solo un piede e una mano per volta" mi suggerisce Ivar.
        E' la Dodicesima Ora, due Ahn dopo il mezzogiorno Goreano. Non guardo in basso.
        Un pezzo di roccia, della grandezza di un tarsk, mi colpisce, staccatosi dal granito della montagna. Quasi perso la presa ma provo a restare calmo. Sento i passi di un Kur che si arrampica sotto di me.
        Il Torvaldsberg, tutto sommato, è una montagna estremamente pericolosa. E' evidente che non sia possibile scalarla, senza un'adeguata attrezzatura. Ha la forma della lama di una lancia, larga e leggermente piegata in cima. E' alta 4 pasang e mezzo, circa 7000 metri terrestri. Non è una delle montagne più alte su tutta Gor, ma è una delle più imponenti e impressionanti. Oltre che pericolosa, è anche bellissima.
        Seguo Forkbeard più vicino che posso. Non ci metto molto a capire che sta andando bene. Sembra avere una magnifica capacità di localizzare piccole sporgenze e fenditure nelle rocce, invisibili fino ad una distanza di un paio di metri.
        I Kurii sono eccellenti scalatori, attrezzati per questa attività con le loro lunghe dita e gli artigli estraibili. Tuttavia, stanno incontrando qualche difficoltà nel seguirci.
        Comincio a sospettarne il perché.
       Dovrebbe essere la Quattordicesima Ahn; Ivar mi allunga una mano e mi aiuta a issarmi su una sporgenza.
        Il mio respiro è pesante.
        "I Kurii" mi dice, "non possono salire su questa sporgenza facendo la nostra strada"
        "Perché?" gli chiedo.
        "La loro presa è troppo profonda" risponde lui, "e pesano troppo"
        "La presa?"
        "Si" ribadisce lui. "Ti sei accorto del vantaggio, no?''
        Lo guardo. Più di una volta ho rischiato di scivolare giù nella scarpata.
        "Hai fatto caso a come le fenditure diventano meno profonde?"
        "In effetti, mi sono accorto che arrampicarsi diventa più difficile" ammetto. "Sembra che tu conosca bene la montagna" aggiungo.
        Ivar sorride.
        Non è una concidenza che lui abbia un particolare fiuto per trovare il percorso più agevole in ascesa, dove nessuno sembra aver aperanza.
        "Sei già stato qui?" mi viene il dubbio.
        "Esatto" annuisce lui. "Da ragazzo, ho scalato il Torvaldsberg"
        "Hai parlato di fenditure" osservo.
        "Le ho create io" rivela lui.
        E io che mi sono stupito della sua confidenza con la montagna!
        E' evidente che egli conosce bene la montagna. Questo ha facilitato la nostra ascesa e spiega perchè i Kurii inseguitori, notoriamente scalatori migliori degli umani, non riescono a tenere il nostro passo. Quello che non ho sospettato è che Forkbeard si fosse avvantaggiato di un percorso già noto, sul quale ha già camminato negli anni passati.
        Forkbeard appoggia la schiena, ridacchiando. Si strofina le mani. Ha le dita ghiacciate. A qualche centnaio di metri sotto di noi, sentiamo un Kur che cerca di ficcare gli artigli nelle fessure delle rocce.
        "Questa sporgenza" dice Forkbeard, "è una trappola per Kurii. Quando ero ragazzo, un Kur mi dava la caccia. Mi ha seguito per due giorni. Poi ho intrapreso la via della montagna. E' stato incauto a seguirmi. Ho scelto un percorso che lui potesse seguire; negli ultimi cento metri, ho creato alcune fenditure e appoggi in superficie, adeguati per un umano ma troppo sottili per le dita grosse di un Kur"
        Sotto di noi, risuonano ringhi di frustrazione.
        "E fu così che, da ragazzo, ho ucciso il mio primo Kur" dice Ivar. Poi si alza in piedi, si avvicina ad un angolo della sporgenza dove sono alcune grosse rocce piatte. "Le pietre che ammucchiai per colpirlo sono ancora qui" aggiunge. "Alcune le trovai sulla sporgenza, altre più in alto"
        Non invidio il Kur di sotto.
        Guardo oltre la sporgenza. "Si sta ancora arrampicando" faccio segno a Forkbeard. Estraggo la spada. Non mi pare difficile impedire all'animale di salire sulla sporgenza, da qualunque parte arrivi.
        "E' ottuso" commenta sprezzante Forkbeard.
        Dietro il primo Kur, a qualche metro più in basso, ce n'è un secondo. Altri due sono molto più lontano dal pendio, dove il sentiero è meno a picco. I due più vicini hanno lasciato le armi di sotto, con gli altri.
        Il primo Kur è ad una cinquantina di metri sotto di noi quando, improvvisamente, scivola su una roccia e, urlando selvaggiamente, scivola parecchio in basso, graffiandosi sulle pietre; poi tocca terra con la schiena, ululando al vento, 5 Ihn dopo.
        "Le mie fenditure" conferma Ivar, "non sono state create pensando al peso di un Kur"
        Il secondo Kur è ancora di sotto. Guarda in alto, ringhiando ferocemente.
        La roccia lanciata da Ivar in verticale lo colpisce in pieno e anche lui, come il suo confratello, giace zampe all'aria a precchi metri di sotto.
        La trappola, costruita da un ragazzo di Torvaldsland tanti anni fa, è ancora effiace. Mi congratulo mentalmente con Ivar Forkbeard. Anche da giovane era pieno di risorse e astuto. Anche da giovane era pericoloso e astuto, superando in astuzia anche un Kur adulto.
        Gli altri due Kurii si appiattiscono contro il pendio, guardando in alto. Portano gli scudi e le asce sulla schiena.
        Ma non tentano di avvicinarsi di più.
       La nostra posizione non è felice.
        Siamo su una montagna, isolati su una sporgenza. Non abbiamo cibo nè acqua. Forse, scavando, potremmo ottenere del ghiacchio o della neve pulita, ma non c'è cibo. Il freddo ci indebolisce progressivamente, e prima o poi non saremo più in grado di scalare l'altura. E i Kurii, in quanto cacciatori, sono bestie pazienti. Se hanno già mangiato prima di mettersi al nostro inseguimento, potrebbero non aver bisogno di cibo per giorni. Ed è poco ma sicuro che abbiano mangiato bene. C'era molta carne disponibile. Inoltre, abbiamo poche possibilità di lasciare inosservati la sporgenza; di notte, i Kurii ci vedono benissimo. Senza contare che di notte è estremamente pericoloso tentare di muoversi sul Torvaldsberg; lo è già di giorno.
        Mi strofino le mani e ci alito sopra. Anche i miei piedi sono gelati. Il sudore nella camicia, ora che non mi sto arrampicando, si è gelato. La camicia è rigida, fredda. Sul Torvaldsberg, di giorno e di notte, anche in piena estate, senza abiti un uomo può morire congelato. Comincia anche ad alzarsi il vento, spazzando la sporgenza. Da dove siamo ,possiamo vedere le nere rovine della casa di Svein Blue Tooth, la fattoria disabitata e i campi deserti, e anche il Thassa, con le navi alla fonda.
        Guardo Forkbeard.
        "Continuiamo a camminare" decide lui.
        "Scendiamo e affrontiamo i Kurii, invece, finchè ne abbiamo la forza" propongo io.
        "Continuiamo a camminare" ribadisce lui.
        Mouovendosi con attenzione, riprende la scalata. Io lo seguo.
        Dopo circa una mezza Ahn, mi guardo indietro. I due Kurii ci stanno seguendo su un percorso parallelo.
        Ho idea che questa notte non moriremo di freddo sul Torvaldsberg.
        Ci stringiamo su un'altra piccola sporgenza, fra le rocce, al riparo dal vento ma non dal freddo, ascoltando i Kurii.
        Ma nessuno di loro si sta avvicinando.
        Abbiamo scelto bene il posto dove fermarci.
        Due piccole slavine ci piovono sulla testa, ma siamo protetti dentro la nicchia di granito.
        "Vuoi sentirmi cantare?" mi chiede Ivar.
        "Ma si" gli concedo, "potrebbe far allontanare i Kurii"
        Noncurante del mio sarcasmo, imperterrito, Ivar canta a squarciagola. A quanto pare, conosce un gran numero di canzoni.
        Nessuna slavina ci piove addosso.
        "Il mio canto" sorride Ivar, "placa perfino i Kurii"
        "E' più probabile che non siano a portata d'orecchio" replico ironicamente.
        "Sei spiritoso" ammette Forkbeard. "Non l'avrei mai detto"
        "Già" alzo le spalle.
        "Ora ti insegno una canzone" dice lui, "così la canteremo insieme".
        La canzone parla di un uomo che cerca di soddisfare cento schiave, una dopo l'altra; è piuttosto ripetitiva e il numero delle schiave diinuisce ad ogni strofa. Inutile dire che è una canzone lunga. Per inciso, ho una bellissima voce.
        Cantando cantando, ci dimentichiamo il freddo. Verso l'alba, stiamo quasi per appisolarci.
        "Abbiamo bisogno di tutta la nostra forza, ora" dice Forkbeard.
        Quanto è bello il sole del mattino!
        "Se i Kurii sono sopra di noi" osservo, ricordando le slavine che ci sono piovute addosso, "non sarà il caso di scendere?"
         "I Kurii mettono in difficoltà le loro prede" scuote la testa Forkbeard. "Con la luce, saranno sotto di noi. Stanno fra noi e la via di fuga. E poi non abbiamo modo di fuggire, anche se fossero sopra di noi. La discesa è difficile".
         Eppure mi ricordo bene dei due Kurii, precariamente aggrappati alla parete rocciosa, uno dei quali è caduto nel tentativo di raggiungerci e l'altro colpito dalla pesante pietra lanciata da Ivar. Ho un brivido.
        "Eccoli, sono lì" dice Ivar, guardando nel baratro. Li saluta agitando la mano. Poi si rivolge allegramente a me. "Dai, continuiamo a salire" mi incita.
        "Parli come se avessi un obiettivo" osservo.
        "Ce l'ho" sorride lui.

        E ricominciamo la scalata. Non molto dopo, sentiamo e vediamo i Kurii, a qualche centinaio di metri in basso, che ci inseguono.

        E' passata da poco la Decima Ora, il mezzogiorno Goreano, quando raggiungiamo la vetta del Torvaldsberg.
        Anche se c'è molta neve sui picchi del Torvaldsberg, ci sono anche molte zone di roccia nuda, spazzata dal vento che, a queste altitudini, è costante. Attraverso un tratto di neve, affondando fino alle caviglie, per arrivare su una roccia senza neve.
        Non riesco ad esprimere l'incanto della vista dalla cima del Torvaldsberg. L'ho scalato e sono qui, ora.
        Ci sono stati pericoli, lotte, sfide, umiliazioni, e poi all'imprivviso, faticosamente conquistata, una vittoria che mi esalta, ma è una vittoria che non sento mia. E' la vittoria della bellezza, della visione di un mondo. Non ho conquistato una montagna; è la montagna che, dopo che ho pagato il mio prezzo, mi ha sollevato lassù, dove posso vedere quanto io sono insignificante e quanto sono belle e preziose la vita e la realtà, e il sole su una landa deserta e desolata.
        Ivar sta in piedi dietro di me, senza parlare.
        "Ci sei già stato" affermo, "da ragazzo"
        "Si" mormora Ivar. "E non l'ho mai dimenticato"
        "Eri venuto qui per morire?" gli chiedo.
        "No" risponde lui. "Ma non sono stato capace di trovarlo" poi aggiunge.
        Lo guardo con aria interrogativa.
        "Non l'ho trovato allora" mormora pensieroso, "non lo troverò adesso"
        "Di cosa stai parlando?" gli chiedo.
        "Non ha importanza" chiude il discorso.
        Poi si volta.
        Ci sono due Kurii he si stanno avicinando. Li osserviamo. Curiosamente, si fermano. Restano insieme, nella neve, guardandosi intorno.
        Poi ci vedono. Noi approntiamo le armi. I Kurii impugnano i loro scudi e le asce. Noi estraiamo le spade. I Kurii si legano sul braccio sinistro i pesanti scudi rotondi, e prendono il manico delle asce nella loro massicia mano destra. Non l'avrei mai detto, ma i Kurii, al pari degli umani, sono prevalentemente destrorsi. E' probabile che la parte dominante del loro cervello sia quella sinistra.
        Ivar e io saltiamo fuori dalle rocce; i due Kurii si avvicinano. Hanno le orecchie tirate indietro; sono guardinghi. Avanzano piano piano, con le spalle incurvate in avanti, dondolandosi.

        I Priest-Kings considerano i Kurii e gli umani comespecie equivalenti, prodotti similari di processi evolutivi analoghi, prodotti simili di crudele selezione naturale, anche su mondi lontani l'uno dall'altro.
        "Il Kur è mio fratello?" mi domando.

        La grande ascia oscilla su di me. Mi rotolo nella neve, scivolando. Provo a infilzarlo con la spada. Scivolo ancora. La grande ascia cade dov'ero un attimo fa. Un pezzo di granito, staccatosi dalla roccia, mi colpisce. Inciampo all'indietro. Il Kur, senza fretta, mi insegue con l'ascia. Vedo i suoi occhi cattivi dietro lo scudo e l'ascia sollevata.
        "Aah!" grido, fingendo di caricarlo. L'ascia è alzata, ma non oscilla. La bestia ringhia e tira indietro l'ascia per tutta lalunghezza del braccio. So che la lama non mi raggiungerà. Mi scaglio. E' ciò che il Kur si aspetta. Mi ha fregato! Il pesante scudo, con un movimento obliquo e una fantastica forza, mi spinge lontano decine di metri. Rotolo nella neve, mezzo cieco. L'ascia cala ancora, colpendo il granito. Mi rimetto in piedi. Lo scudo mi colpisce di nuovo, come un martello, e mi scaglia lontano. Cado. Cerco di rialzarmi ma non posso muovere il braccio sinistro. Ho paura che sia rotto. La spalla è come paralizzata.
        L'ascia oscilla ancora. Indietreggio. Perdo l'equilibrio e, nel rotolare, scivolo dalla vetta, cadendo su una sporgenza a cinque metri sotto. L'ascia, come un pendolo, oscilla ancora. Abbraccio la sporgenza. L'ascia mi sfiora. Alla mia destra vedo una piccola apertura, buia e irregolare, frastagliata, grande poco meno di mezzo metro. Scatto in piedi e corro fino al bordo della sporgenza. Non c'è modo di scendere. Le labbra del Kur si ritirano, mostrando le zanne. Sulla roccia sopra di me c'è Ivar, con gli occhi selvaggi.
        "Ivar!" grido. "Ivar!"
        Mi risponde l'urlo selvaggio del Kur che non vedo.
        Ivar si affaccia alla sporgenza di sopra, poi salta in basso, raggiungendomi. Il Kurii è rimasto più su, ringhiando.
        "Guarda!" grido, indicandogli l'apertura. I suoi occhi si posano nell'apertura e brillano.
        Muovo male le dita della mano sinistra. Ma almeno le sento ancora. Non so se il braccio è rotto. Rimetto la spada nel fodero. Ivar mi guarda e annuisce.
        Il Kur salta sulla sporgenza, raggiungendoci. Gli tiro una pietra. La pietra colpisce rumorosamente lo scudo, e cadendo poi nell'abisso.
        Spingo Forkbeard verso il buco. Lui si avvicina e si sforza di entrarci. Il secondo Kur scivola sulla sporgenza. Gli tiro un'altra pietra, più pesante della prima. Con un rumore di granito contro metalli, la pietra viene allontanata da un movimento obliquo dello scudo del secondo Kur.
        Mi infilo nel buco e forzo il mio corpo a scivolare dentro l'apertura. Sento la mano di Forkbeard che mi afferra e mi trascina all'interno.
        Uno dei due Kur spinge il suo lungo braccio peloso nell'apertura, cercando  di prenderci. Forkbeard tenta di respingerlo con la spada ma la lama viene deviata quando colpisce la pietra.
        Il Kur ritira il braccio.
        Scivoliamo carponi nella stretta apertura. Dall'esterno, arrivano le voci dei due Kurii, che litigano e cercano di sbirciare all'interno. Provano a infilare le loro braccia pelose nell'apertura; uno dei due cerca di infilare anche la spalla e poi la testa.
        Forkbeard, con la spada pronta, li rintuzza. I Kurii si ritirano. Poi si accucciano sulla sporgenza, davanti all'entrata della piccola grotta. Ho già detto che i Kurii sono cacciatori pazienti. Devono solo attendere.
        Mi massaggio la spalla sinistra. Alzo il braccio e lo muovo. Non mi sembra rotto. Ma ho imparato che lo scudo di un Kur può essere un'arma devastante, peggio del martello di guerra di Hunjer. Mi chiedo quanti sono sopravvissuti, dopo aver imparato questa lezione.

        Dò un'occhiata fuori. I Kurii sono ancora lì, in attesa.
        "Vieni con me" sussurra Ivar. La sua voce è eccitata. Lo guardo. Mi chiedo quanto possa essere profonda questa minuscola caverna. Al massimo, tre o quattro metri. Su mani e ginocchia, striscio fino a lui.
        "Qui" dice Ivar. "Sul muro!"
        Prende un mio dito e lo preme sulla parete di roccia. Sento delle incisioni, forse verticali, con estensioni angolari.
        "L'ho trovato!" esclama eccitato. "Anzi, l'hai trovato tu, Tarl Testa Rossa!"
        "Non capisco" scuoto la testa.
        "Seguimi!" sussurra Ivar Forkbeard. "Seguimi!"

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